Il Palio di Asti

Secondo il cronista Ogerio Alfieri, antenato del più noto Conte Vittorio, la città di Asti, «…nell’anno del Signore 1280 era colma di ricchezze, chiusa da solide e recenti mura e costituita quasi interamente da molti edifici, torri, palazzi e case da poco costruite». Nella descrizione, precisa e puntuale, Ogerio cita le buone qualità dei cittadini astesi giudicandoli «assennati e nobili, ricchi e potenti» e dice che «in caso di necessità la città può contare su seicento cavalieri dotati di due cavalli» mentre «il contado può fornire centosessanta cavalieri dotati di un cavallo o di una cavalla».

Una tale presenza equina sul territorio lasciava spazio anche alla competizione e infatti proprio in quel periodo si ritrovano le prime testimonianze del Palio. La prima notizia certa della corsa risale al 1275 anno in cui Guglielmo Ventura, speziale di professione e cronista per diletto, racconta che gli astigiani corsero il Palio, in segno di scherno, sotto le mura della nemica città di Alba cinta d’assedio «come risulta essere solito ad Asti, durante la festa del Beato Secondo».

Se in quegli anni la “Corsa del Palio” era definita una consuetudine, è probabile dunque che la sua origine debba collocarsi poco dopo l’anno 1000, con regole codificate già dal XIII secolo, periodo di massimo splendore del Comune di Asti. Ciò che invece è certa è la perseveranza con cui gli astigiani hanno sempre lottato per mantenere il privilegio di far correre il Palio dedicato al loro Santo Patrono, dal momento che la corsa viene sempre citata in tutti i trattati, in tutte le alleanze e in tutti i capitoli delle convenzioni con i vari reggenti, padroni o dominatori che si sono da allora succeduti.

 

Nei primi tempi sembra che la corsa si svolgesse “alla tonda”, in un percorso circolare demaniale pressappoco corrispondente all’area delle attuali piazze Alfieri e Libertà, chiamata già in epoca longobarda e carolingia “curriculum”. La costruzione del 1382 di una nuova cittadella fortificata proprio in corrispondenza del curriculum comportò la modifica del Palio in una corsa “alla lunga”, disputata su un percorso lineare di circa due chilometri e mezzo. Con la partenza data all’altezza del Pilone, tuttora esistente all’estremo est della città, i cavalli si lanciavano lungo le strade sterrate che portavano dentro le mura e, attraverso l’arteria principale della città (l’attuale Corso Alfieri) giungevano fino al cuore di Asti, dove di fronte a Palazzo Mazzetti (oggi sede della Pinacoteca civica) era posto l’arrivo.

Per quasi 500 anni il tracciato rimase immutato, fino al 1861 quando fu realizzata la nuova Piazza del Mercato (oggi Campo del Palio) e la Giunta comunale decise che in quel nuovo sito si dovesse tenere la corsa, riportata così “alla tonda”. In quegli anni la corsa perse però la caratteristica di nobile tenzone e diventò una competizione ippica senza alcun richiamo alla tradizionale competizione né significato religioso. La festa venne richiamata in vita nel 1929 dall’allora Podestà Buronzo, ma dopo pochi anni nel 1936 l’intervento diretto di Mussolini, che riconobbe alla sola Siena il privilegio di chiamare la propria manifestazione col nome di Palio, impose di modificarne la denominazione in «certame cavalleresco», che gli astigiani orgogliosamente rifiutarono decretandone così una nuova sospensione fino al dopoguerra.

 

Nel 1967 il Palio riprende con tutti i crismi della tradizione: si corre nel mese di settembre in un clima più favorevole e con grande partecipazione di pubblico. Per una ventina d’anni la corsa ha ancora luogo in Campo del Palio, ma nel 1988 approda in centro città, nella cornice ancora più suggestiva e coinvolgente di Piazza Alfieri, tornando così sul percorso che aveva alle origini più antiche. In questi ultimi anni il tracciato è stato adeguato, nel rispetto dell’Ordinanza Martini, con tutti gli accorgimenti di carattere tecnico volti a tutelare la sicurezza dei protagonisti della corsa: cavalli e fantini. Mantenendosi sempre al passo con la cultura e la sensibilità dell’epoca, il Palio continua così ancora oggi a raccontare la nostra storia, in una sfida che si rinnova anno dopo anno da quasi 9 secoli.

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